La storia di Fabio Macellari, dalle luci di San Siro con la maglia dell’Inter al tunnel della droga e del sesso, fino alla vita da muratore boscaiolo
Il calcio racconta spesso storie di ascesa, faticosa ma abbastanza veloce, che ti inebria tra fama e ricchezza, e caduta, ripida e tremendamente più rapida e dolorosa. Che rischia di condizionarti per il resto della vita e cambiarti. È quello che è successo a Fabio Macellari, ex giocatore dell’Inter che a 26 anni, nel 2000, è arrivato a nella ‘San Siro’ nerazzurra dove giocava il fenomeno Ronaldo.
“Io ero nato per questo, per giocare a San Siro in Serie A. Era la mia missione”, racconta Fabio Macellari in una lunga intervista al podcast di Luca Casadei ‘One More Time’. Ora 48enne, Macellari ha vissuto l’apice e poi il baratro della cocaina che in poco tempo gli ha fatto perdere tutto. E oggi fa il muratore in un’impresa edile che si occupa di ricostruire Amatrice dopo il terribile terremoto del 2016, mentre nel tempo libero se ne torna a Cagliari, dove ha conosciuto l’ex moglie con cui ha avuto il figio Matteo, oppure nelle Valli Piacentine per occuparsi dei boschi di famiglia. Dalla Pro Sesto al Lecce, poi il Cagliari di Ventura e l’Inter di Lippi. Non andò benissimo in nerazzurro e così passò al Bologna. Poi, però, l’infortunio e la discesa: “Mi sono fatto male dopo otto partite, è subentrata questa cosa nella testa, mi ricordo: vabbè dai, adesso visto che ho il ginocchio rotto mi rilasso un po’ qualche mese. Pur preparandomi a rientrare, perché poi in quattro mesi e mezzo ero quasi pronto, solo che nel frattempo c’erano tutte altre cose perché hai troppo tempo libero…”
Fabio Macellari racconta il baratro tra cocaina e malattia del sesso
Tra le altre cose, purtroppo, c’era la cocaina. Fabio Macellari racconta la sua storia in maniera cruda: “Non l’avevo mai provata prima. Come succede? In questi momenti di pausa hai donne in qualsiasi momento, in qualsiasi modo, ma questo non bastava più. Arrivi al campo e ti buttano il fogliettino col numero di telefono, le conosci anche al al semaforo. Non basta più niente, cè bisogno di alzare la posta perché ti stai annoiando. Prima di provare la droga pensavo di essere talmente forte mentalmente da poter smettere il giorno dopo. Penso di aver avuto anche la malattia del sesso. La serata tipo di quel periodo? Compravo quei giornalini di Milano dove ci sono tutte queste donne bellissime, quindi mi organizzavo e facevo il tour direttamente a casa loro. Averle senza pagare? Non c’era più gusto. Nel periodo brutto facevo anche 10 grammi al giorno. Roba da matti. Un episodio mi ha fatto spaventare, ero a Porto Cervo. Dopo forse cinque giorni sveglio, mi sono trovato nella vasca da bagno calda. A malapena sono riuscito ad arrivare al letto a carponi, quando mi sono sdraiato non ero sicuro se mi sarei rialzato oppure no. Quando mi sono alzato, ho fatto le valigie e sono scappato in montagna, ho iniziato un programma da solo. Vita sana, da un momento all’altro. Non può esserci una gradazione, o è sì o è no”.
Ma la cocaina non ha mollato Macellari: “Al momento di tornare in campo col Bologna mi hanno fatto le analisi, io stupidamente nei giorni di vacanza ero andato a Porto Cervo, affittato una una barca e fatto venire su due russe. Quindi si rescinde il contratto”. Poi il ritorno a Cagliari: “La testa non girava più come prima, serviva sbattere ancora la testa con la cocaina. Quando è capitato ho chiamato il presidente Cellino e gli ho detto: non ci siamo, così non posso andare avanti, non posso prenderti in giro. Una volta che alla fine di una partita la prima cosa che ho fatto è stato uscire dallo stadio e andare a prendere la cocaina, a quel punto lì mi sono reso conto. Ho detto la verità al presidente e ho smesso, quei mesi lì facevo su e giù da Milano e giravo come un pazzo”. Poi Macellari ha giocato con Pavia, Triestina, Lucchese e Sangiovannese fino al 2006, quando ha continuato ma solo a livello dilettantistico.
Fabio Macellari panettiere, cameriere, muratore e boscaiolo: “Ora sono felice”
“Se prima di cadere nella cocaina avevo messo da parte da qualche cosa? Sì, avevo già dieci appartamenti. Se adesso c’è ancora qualcosa, è bene che sia intestato a mio padre e mia madre, io veramente ho le mani bucate, ma non tanto per quella cosa. Spesso e volentieri trovavi gente che ti sfruttava e basta”, continua Macellari che poi ha cominciato a fare diversi lavori. Prima come panettiere: “Il mestiere più duro che abbia mai fatto nella mia vita. Lavorare nel panificio è una figata pazzesca, ma con quegli orari stravolgi la tua vita”. Poi come cameriere a Quartu Sant’Elena: “Mi piaceva perché avevo il contatto con la gente“. Ma tra una cosa e l’altra, Fabio andava appunto anche a prendersi cura dei suoi boschi per tagliare la legna: “Quanta ne taglio da solo al giorno? Tranquillo 15/20 quintali”. In futuro Macellari, oggi muratore ad Amatrice, si vede proprio lì: “L’idea è quella di stare su al mio casolare e risistemare due-tre stanzettine, probabilmente fare un bed and breakfast. Non ho altri sogni sinceramente. Io sono felice così come sono adesso. Non c’è bisogno per forza di andare in giro in Ferrari o di essere tutti i giorni al ristorante a mangiare ostriche”.